Ma come neutralizzare gli impatti negativi sulla dimensione sociale? Ora si tratta di definire per il futuro i nuovi paradigmi dell’organizzazione aziendale. Vince chi scopre per primo il giusto equilibrio tra casa e ufficio. Anzi, tra casa, ufficio e ambiente. A fornire informazioni utili a chi si sta cimentando con il nuovo rompicapo è la fondazione Global Compact Italia. Nata nel 2002 per incoraggiare l’adesione nel nostro Paese al “patto globale” delle Nazioni unite per la sostenibilità, oggi conta circa 10mila imprese aderenti nel mondo di cui 120 in Italia. Di queste 47, per un totale di 252.684 dipendenti, sono state coinvolte in uno studio dal titolo: “Smart working nell’era della digitalizzazione post- Covid: da soluzione d’emergenza a strategia per la sostenibilità”.
La ricerca aveva l’obiettivo di sondare l’impatto dello smart working sulla sostenibilità a tre livelli: ambientale, sociale, economico. Tirando le somme, si è giunti alla conclusione che si tratta di uno strumento con grande potenziale per quanto riguarda l’impatto economico e sull’ambiente. Sul piano sociale bisogna gestire impatti positivi e negativi.
Le imprese monitorate erano di grandi dimensioni e prima della pandemia avevano già adottato forme di lavoro smart. Alla fine, il nuovo modo di lavorare è risultato promosso a pieni voti. Il 71,4 per cento delle imprese lo trova una soluzione ideale per 1-2 giorni alla settimana anche in tempi normali. Dal punto di vista dei dipendenti, il lavoro agile favorisce un miglior equilibrio tra vita privata e lavoro (93,7%), più autonomia (84,4%) e soddisfazione lavorativa (65,6%), ma aumenta l’isolamento (75%).
L’impatto ambientale. Il lavoro agile in media ha evitato una percorrenza di 33 chilometri al giorno per dipendente. Di conseguenza i 253mila lavoratori coinvolti nell’insieme hanno risparmiato a sé stessi e all’ambiente 275 milioni di chilometri. Il che si traduce in un risparmio sulla benzina pari a 30milioni di euro e sulla CO2 pari a 44.835 tonnellate. A cui bisogna aggiungere 3.722 kg in meno di particolato atmosferico fine. Lo smart working ha poi ridotto i consumi di acqua e di energia (per il 63,33% delle imprese) e la produzione di rifiuti nel 73% dei casi.
L’indagine conferma inoltre che lo smart working favorisce un aumento della produttività: questo hanno registrato due terzi delle aziende, mentre per un terzo la produttività è rimasta costante. In media si parla di un aumento della performance decisamente rilevante: più 21,3%.
Tirando le somme, il punto è: come neutralizzare gli impatti negativi dello smartworking sulla dimensione sociale? L’effetto isolamento può certamente essere ridotto limitando il lavoro agile a 1-2 giorni alla settimana. Ma per quanto riguarda l’equità di genere? L’implementazione di questo modo di lavorare deve andare di pari passo con l’offerta di servizi per alleggerire il lavoro di cura. Infine, va sottolineato che il lavoro agile può addirittura favorire l’inclusione di fasce di donne che altrimenti rinuncerebbero a lavorare.
(Fonte: Corriere della Sera)