Le sfide da affrontare nel nostro Paese per raggiungere la parità di genere sul luogo di lavoro sono numerose. Non si tratta solo del rispetto delle norme sostanziali già presenti nel nostro ordinamento, ma piuttosto della necessità di promuovere comportamenti equi nei rapporti aziendali. Ad esempio, il diffuso ricorso a contratti a tempo parziale, talvolta indotto da carenze nella disponibilità di asili-nido o supporti familiari, crea disparità economiche non in linea con le previsioni contrattuali. Anche nel settore delle pulizie, i lavori a orari spezzati impattano negativamente sulla vita relazionale delle donne.
A tutto ciò si aggiunge un tasso di partecipazione femminile al mondo del lavoro notevolmente inferiore rispetto al personale maschile, accompagnato da un marcato divario retributivo e da maggiori difficoltà di carriera e remunerazione. Queste difficoltà si manifestano sin dall’accesso, poiché molti datori di lavoro tendono ad escludere le donne, temendo possibili complicazioni legate a future maternità. Questi fenomeni persistono nonostante il chiaro divieto di discriminazione sancito dal D.L.vo n. 198/2006.
I datori di lavoro pubblici e privati con più di 50 dipendenti sono obbligati a redigere un rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile, in conformità con il “Codice delle Pari Opportunità“ emendato dalle leggi n. 162/2021 e n. 234/2021. Anche le imprese con organici inferiori possono, su base volontaria, redigere il rapporto, ma perché dovrebbero farlo?
La risposta è semplice: solo attraverso la presentazione di questo rapporto è possibile accedere alla certificazione sulla parità di genere, un documento che offre diversi vantaggi, tra cui uno sgravio contributivo per tutta la durata della certificazione. Le modalità di redazione del rapporto sono definite dal decreto interministeriale del 29 marzo 2022, con la trasmissione telematica attraverso il portale Servizi Lavoro. Per il biennio 2020-2021, il termine di trasmissione era il 30 settembre 2022, mentre per i bienni successivi è il 30 aprile dell’anno successivo alla scadenza del biennio.
Al termine della procedura, il rapporto va inviato telematicamente al Ministero del Lavoro, che rilascia una ricevuta di corretta redazione. La consultazione del rapporto è consentita sia alla Consigliera nazionale di parità che a quelle regionali, e il datore di lavoro deve inviare una copia alle rappresentanze sindacali aziendali. Il contenuto del rapporto offre una panoramica dettagliata dell’azienda o dell’Ufficio pubblico, con informazioni sul personale, contratti, formazione e altro ancora. Il mancato rispetto delle procedure comporta sanzioni a carico dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro, con multe fino a 512 euro in caso di mancata trasmissione.
Con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che contiene politiche specifiche a favore delle donne, la certificazione della parità di genere assume un ruolo chiave. In vigore dal 1° gennaio 2022, su base volontaria, questa certificazione mira a attestare che le politiche aziendali sono idonee a ridurre i divari, soprattutto in aree critiche. Le politiche possono riguardare, ad esempio, l’estensione dei periodi di paternità oltre i 10 giorni previsti per legge, incentivi aziendali a favore della maternità con correlati sostegni economici, ampliamenti dei permessi legati alla cura dei figli e il ricorso allo smart-working in presenza di figli minori.
La certificazione è collegata, per legge (art. 1, comma 138, della legge n. 234/2021), a uno sgravio contributivo del 1% della contribuzione a carico del datore di lavoro, fruibile mensilmente fino a un massimo di 50.000 euro, equivalenti a un tetto di 4.166,66 euro al mese. La fruizione del beneficio è condizionata al rispetto di diverse condizioni generali, quali il regolare status del datore di lavoro con il DURC, il rispetto delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro e l’aderenza agli accordi e contratti collettivi. L’INPS, in collaborazione con il Dipartimento delle Pari Opportunità, il Ministero del Lavoro e l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, verifica il rispetto di queste condizioni e monitora l’eventuale indebita fruizione dei benefici.
In conclusione, nei contratti pubblici è stato introdotto un sistema di punteggi premiali per gli operatori economici certificati sulla parità di genere, rafforzando l’importanza dell’uguaglianza di genere anche nell’ambito delle gare d’appalto.
Fonte: IPSOA