È indubbio che le commesse internazionali abbiano svolto un ruolo di fondamentale importanza nel “traghettare” l’industria – e il Paese tutto – fuori dalla recessione.
Ora però, complice uno scenario internazionale dove al di là di eventi eclatanti come la Brexit o la guerra dei dazi Usa-Cina, la tendenza di fondo parla della fine dell’età dell’oro della globalizzazione e del ritorno al regionalismo come paradigma di riferimento per gli scambi, anche nel nostro Paese i mercati esteri hanno in buona parte perso la funzione di traino che ricoprivano in precedenza.
Una tale congiuntura internazionale impone dunque, in primo luogo, di rilanciare gli investimenti pubblici e privati; i quali hanno già fornito un contributo decisivo negli ultimi anni, spinti in particolare dagli incentivi fiscali del Piano Industria-Impresa 4.0. Nel 2017 l’iperammortamento è stato in grado di attivare qualcosa come dieci miliardi di euro di investimenti per macchinari e attrezzature innovative.
Se il rilancio del Paese non può non passare da nuovi investimenti, una serie di ostacoli non rendono per nulla facile il raggiungimento dell’obiettivo: l’elevata incertezza del contesto politico ed economico interno ed internazionale, previsioni non particolarmente ottimistiche sulla ripresa della domanda, finanziamenti bancari che alla fine del 2018 sono tornati a farsi più restrittivi, vincoli di bilancio pubblici sempre più stringenti.
E naturalmente, deve tornare la fiducia da parte dei consumatori finali, senza la quale ogni ricetta di politica economica è votata inevitabilmente all’insuccesso.
(Fonte: Il Sole 24 Ore)