La crisi determinata dall’emergenza sanitaria ha investito l’economia italiana in una fase già caratterizzata da una prolungata debolezza. Lo scorso anno il PIL è cresciuto di appena lo 0,3% e il suo livello è ancora inferiore dello 0,1% rispetto a quello registrato nel 2011.
Lo certifica l’ISTAT, nel Rapporto annuale 2020. Nel primo trimestre, il blocco parziale delle attività connesso alla crisi sanitaria ha determinato effetti diffusi e profondi. Il PIL si è contratto del 5,3% su base congiunturale. Dal lato della domanda, i consumi privati hanno segnato una caduta del 6,6% rispetto al trimestre precedente, gli investimenti dell’8,1%, mentre vi è stato un contributo positivo delle scorte.
Sul fronte degli scambi con l’estero, il calo delle esportazioni è stato più intenso di quello delle importazioni (rispettivamente -8,0% e -6,2%). Per raccogliere informazioni dirette sulle valutazioni e le scelte degli operatori in questa difficile fase, l’ISTAT ha condotto in maggio una rilevazione speciale su “Situazione e prospettive delle imprese nell’emergenza sanitaria Covid-19”. Nella prima fase dell’emergenza sanitaria conclusasi il 4 maggio, il 45% delle imprese ha sospeso l’attività, in gran parte a seguito dei decreti del Governo e circa una su sette per propria decisione. Tra le imprese che si sono fermate prevalgono di gran lunga quelle di piccola dimensione.
Le misure di contenimento dell’epidemia, inoltre, hanno provocato una significativa riduzione dell’attività economica per una larga parte del sistema produttivo: oltre il 70% delle imprese ha dichiarato una riduzione del fatturato nel bimestre marzo-aprile 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; oltre il 40% ha riportato una caduta maggiore del 50%. I fattori di fragilità sono molteplici. Il problema del reperimento della liquidità è molto diffuso, i contraccolpi sugli investimenti – segnalati da una impresa su otto – rischiano di costituire un ulteriore freno ed è anche preoccupante che il 12% delle imprese sia propensa a ridurre l’input di lavoro. Tuttavia, si intravedono fattori di reazione positiva e di trasformazione strutturale in una componente non marginale del sistema produttivo.
(Fonte: AIB)
Scarica QUI il Rapporto.