Alla politica di coesione dell’Unione europea e al Fondo sociale viene affidato un ruolo cruciale nella risposta all’emergenza economica provocata dalla pandemia. La proposta inviata dalla Commissione a Consiglio e Parlamento aggiunge 55 miliardi di risorse fresche ai fondi strutturali. Saranno distribuiti agli Stati membri e alle regioni in base alla variazione del Pil e della disoccupazione. La metà di questi è destinata a Italia e Spagna. Nel Qfp questa proposta è stata battezzata con l’acronimo REACT-EU (Recovery Assistance for Cohesion and the Territories of Europe).
I primi cinque miliardi derivano da una correzione del Qfp attuale, 2014-2020, e sono una risposta immediata all’emergenza sociale, attraverso il fondo sociale e il fondo per le persone più svantaggiate (Fead), con il duplice obiettivo di sostenere l’occupazione e favorire l’inclusione sociale.
L’attenzione alle fasce di popolazione più svantaggiate trova conferma nell’invito della Commissione agli Stati membri di aumentare la dote del Fead che oggi ha a disposizione 4,5 miliardi per garantire i bisogni di base di chi vive ai margini: cibo, assistenza e misure di inclusione.
Dal 2021 saranno disponibili gli altri 50 miliardi che arriveranno – se la proposta di Qfp 21-27 sarà approvata rapidamente dal Consiglio – dal ricorso al debito. Gli Stati e le regioni potranno spendere queste risorse sulla base delle regole e dei programmi attuali, compresa l’ampia flessibilità tra fondi e regioni, con alcune modifiche importanti che riguardano l’intero periodo di programmazione. Almeno il 15% (14,6 miliardi) dovrà essere destinato ai giovani, in formazione, tirocini e sostegno all’occupazione, mentre al contrasto della povertà infantile è destinato almeno il 5% del fondo, 4,9 miliardi di euro.
La transizione verde e la transizione digitale dovranno guidare le politiche di formazione e acquisizione delle competenze.
I fondi dalla Ue arriveranno alle regioni che dovranno essere in grado di utilizzarli in tempi rapidi e in modo efficace. Una sfida, questa, con cui l’Italia più di altri Paesi dovrà misurarsi, tenendo conto della complessità di strumenti e periodi di programmazione che si sovrappongono e si intersecano. Per non parlare della “concorrenza” con le altre abbondanti risorse europee che arriveranno dall’attivazione del Recovery Fund.
(Fonte: Il Sole 24 Ore)