Una lettera del Ministero a “Il Sole 24 Ore” traccia i capisaldi della Legge di Bilancio 2020, con particolare riferimento alle agevolazioni per le imprese innovative. Agevolazioni interessate da importanti novità, tanto da indurre il Ministero a ribattezzare il piano “Impresa 4.0” , chiamandolo “Transizione 4.0”.
Un bilancio è, innanzitutto, ciò da cui parte il dicastero di Via Veneto, secondo il quale i numeri hanno confermato l’effetto “leva” sugli investimenti del piano Impresa 4.0, evidenziando al contempo alcune criticità. Positivo il dato del valore complessivo degli investimenti in beni materiali e immateriali connessi a tecnologie 4.0, pari a circa 13 miliardi di euro.
Ma se lo si confronta con il numero di imprese beneficiare, circa 53 mila, e soprattutto con il numero di quelle che hanno goduto del superammortamento (più di un milione di contribuenti) ci si rende conto che molti potenziali beneficiari non sono stati ancora “raggiunti” dalle politiche per l’innovazione messe in campo negli ultimi anni.
I 2/3 degli incentivi sono andati a imprese medio-grandi; gli investimenti hanno riguardato soprattutto la componente macchinari (10 miliardi d’investimenti in beni materiali contro i 3 miliardi in beni immateriali). Inoltre, solo 95 imprese italiane hanno effettuato investimenti in beni di valore superiore ai 10 milioni di euro; e 233 sono state interessate da progetti di ricerca e sviluppo di valore superiore ai 3 milioni di euro.
All’allargamento della platea di beneficiari dovrebbe, secondo il Ministero, contribuire la sostanziale modifica degli strumenti di accesso, in base alla quale il credito d’imposta è stato individuato come il principale canale. Con la trasformazione del super e iper ammortamento nel nuovo credito d’imposta per beni strumentali, si stima un ampliamento della platea dei potenziali fruitori di circa il 40%. Le misure diverrebbero infatti appannaggio anche dei soggetti senza “utili” e in regime forfettario (come le imprese agricole).
Il ricorso al credito d’imposta compensabile in 5 anni comporta inoltre una riduzione del tempo di rientro dell’incentivo (soprattutto per i beni materiali, se si considera un periodo medio di ammortamento di 8 anni) e un’anticipazione del momento di fruizione già da gennaio dell’anno successivo.
E’ stato preservato l’automatismo degli incentivi, mentre è stato escluso ogni limite alla compensazione ed è stato potenziato l’incentivo per acquisto di software, incrementandone l’intensità per l’acquisto di beni immateriali ed eliminando il vincolo d’investimento con i beni materiali.
Il Piano Transizione 4.0 inoltre, rispetto al suo “predecessore”, si caratterizza per una maggiore attenzione all’innovazione, agli investimenti “green” e alle attività di design e ideazione estetica svolte dalle imprese operanti nei settori tessile e moda, calzaturiero, occhialeria, orafo, mobile e arredo e della ceramica.
L’intero piano, prosegue il Ministero, si traduce in un’iniezione di risorse per le imprese pari a circa 7 miliardi di euro. Vi sono inoltre ulteriori risorse disponibili presso il MiSE per circa un miliardo di euro, dedicate specificamente a grandi progetti di ricerca, sviluppo e innovazione.
Se, infine, lo stanziamento di risorse e la definizione dei meccanismi di accesso alle agevolazioni rappresentano il “primo motore” degli incentivi all’innovazione, non va trascurato, secondo il dicastero di Via Veneto, l’apporto decisivo di formazione e informazione.
In questo quadro si inserisce la misura degli innovation manager e l’obiettivo di creare una solida e stabile connessione tra il mondo produttivo e quello della ricerca, per garantire un adeguato livello di trasferimento tecnologico.
(Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico)