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Il chiarimento, che riguarda sia i crediti della legge 160/2019, che quelli della legge di Bilancio 2021, è stato reso dall’agenzia delle Entrate durante Telefisco 2021. Restano però irrisolti numerosi altri interrogativi riguardanti le agevolazioni della legge 178/2020. Da chiarire, ad esempio, la sovrapposizione degli incentivi per gli investimenti e le misure e gli ambiti temporali dei crediti per la ricerca e sviluppo.

Il credito di imposta sugli investimenti previsto dalla legge 178/2020 può essere compensato in F24 già a partire dall’anno di entrata in funzione dei beni (o da quello di interconnessione per gli investimenti 4.0). La risoluzione 3/E/2021 ha introdotto i codici tributo da utilizzare. La compensazione si effettua in tre quote annuali, salvo che per contribuenti con ricavi o compensi inferiori a 5 milioni di euro, i quali possono effettuare in un’unica soluzione la compensazione relativa a investimenti non-Industria 4.0 del primo blocco temporale (16 novembre 2020–31 dicembre 2021, con coda al 30 giugno 2022 per beni “prenotati” entro la fine del corrente anno).

Un aspetto problematico della compensazione, che interessa soprattutto le Pmi con debiti fiscali e contributivi non elevati, riguarda l’incapienza delle somme da versare in F24 rispetto alla quota di credito compensabile. In occasione di Telefisco è stato chiesto alle Entrate di conoscere la sorte della eccedenza non compensata e, in particolare, se la stessa possa essere riportata all’anno seguente e aggiunta all’importo compensabile in tale esercizio. Si è formulato l’esempio di un contribuente che ha maturato un credito di imposta di 900 utilizzabile in tre quote di 300 nel 2021, nel 2022 e nel 2023. Nel 2021, la compensazione si ferma a 250 per carenza di debiti da versare. Si è chiesto se l’eccedenza di 50 può essere compensata nel 2022 aggiungendola alla quota di 300 di competenza di tale anno (totale compensazioni: 350).

L’Agenzia ha risposto affermativamente, indicando che, in caso di mancato utilizzo, in tutto o in parte, del credito, l’ammontare residuo potrà essere utilizzato nel corso dei periodi di imposta successivi.

L’Agenzia non è invece ancora intervenuta su molti altri punti che restano da chiarire sulle agevolazioni introdotte dalla legge 160/2019, prorogate e potenziate dalla legge 178/2020 per gli investimenti e per le spese di ricerca, sviluppo, innovazione tecnologica e design. Con riferimento a queste ultime, è necessaria una precisazione ufficiale sia sull’ambito temporale delle nuove, più elevate, percentuali introdotte dalla legge di Bilancio 2021, sia sulla portata dei massimali di importo previsti dal comma 203 della legge 160/2019 e modificati dalla lettera f) del comma 1064 della legge 178/2020.

Poiché il legislatore è intervenuto direttamente sulla legge 160/2019, allungandone l’arco temporale di riferimento, potrebbe ritenersi che le maggiori percentuali siano valide già per il 2020. Poiché peraltro la legge 178/2020 è in vigore dal 1° gennaio 2021, pare più convincente la tesi secondo cui le nuove aliquote valgano solo per le spese del 2021 e del 2022.
Con riferimento ai massimali di importi spettanti, è il tenore della norma originaria a non essere chiaro: letteralmente, potrebbero infatti intendersi riferiti sia al costo ammissibile su cui applicare le percentuali per il calcolo del credito, sia all’importo stesso del credito di imposta effettivamente spettante. A favore di quest’ultima interpretazione, più favorevole ai contribuenti, vi è un passaggio dell’articolo 5 del D.M. 26 maggio 2020. Anche i nuovi massimali, come le percentuali, in quanto modificati da una legge in vigore dal 2021 non dovrebbero applicarsi all’agevolazione 2020. Alcune modifiche procedurali e non sostanziali, come quella sulla relazione tecnica del comma 206 della legge 160, che deve ora essere asseverata, paiono invece (prudenzialmente) doversi estendere al 2020.

In materia di investimenti, va fatta luce tempestivamente (visto che la compensazione è già partita il 18 gennaio) sulla sovrapposizione tra le due agevolazioni con riferimento ai beni acquistati negli ultimi 45 giorni del 2020 e a quelli che si acquistano nel primo semestre 2021 (in presenza in questo caso di ordini e acconti del 20% entro il 31 dicembre 2020).
L’assenza di disposizioni transitorie fa ritenere che i contribuenti siano liberi di scegliere l’incentivo più conveniente (in genere sarà quello nuovo), quanto meno per gli acquisti del periodo 16 novembre-31 dicembre 2020 per i quali le due agevolazioni sono perfettamente sovrapponibili e nessun elemento documentale orienta verso l’applicazione dell’una o dell’altra. Nel caso di acquisti del 2021 (entro il 30 giugno) ordinati nel 2020, non si vede inoltre perché il contribuente (in assenza di una norma analoga a quella del comma 196 della legge 160/2019) non possa decidere di non attribuire agli ordini la valenza di “prenotazioni” a valere sulla legge precedente, considerando detti investimenti tutti coperti dalla agevolazione nuova.

(Fonte: Il Sole 24 Ore)

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