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Un contributo si sofferma sugli obblighi di sicurezza del lavoratore nel prisma del principio di autoresponsabilità. L’articolo 20 del decreto 81, la formazione, la vigilanza e la rilevanza dei modelli di organizzazione e di gestione.

Urbino, 13 Giu – Secondo il professor Paolo Pascucci, uno degli aspetti chiave per garantire la salute e la sicurezza sul lavoro riguarda gli obblighi dei lavoratori.

Tale tema si inserisce all’interno del sistema di tutela avviato con la direttiva quadro 89/391/Cee e sviluppato in Italia attraverso il d.lgs. 626/1994 e il d.lgs. 81/2008 [1]. È importante sottolineare che il lavoratore non è solo un beneficiario delle misure di sicurezza, ma ha anche il dovere di contribuire attivamente, con una quota di responsabilità residuale. Pertanto, non può limitarsi a collaborare con il datore di lavoro, ma è tenuto ad adempiere a obblighi specifici, i quali, tuttavia, presuppongono l’effettiva attuazione dei doveri informativi e formativi da parte del datore di lavoro.

La partecipazione a programmi di formazione e addestramento è ora un obbligo per il lavoratore (art. 20, comma 2, lett. h, del d.lgs. n. 81/2008), contribuendo a rafforzare le reciproche posizioni soggettive, sia attive che passive, allo scopo di garantire una protezione efficace.

Chiara Lazzari, docente associata di Diritto del lavoro presso l’Università di Urbino Carlo Bo, offre un’interessante riflessione su questi obblighi dei lavoratori in materia di sicurezza, approfondendo vari aspetti correlati. Il suo contributo è stato pubblicato nel numero 1/2022 di “Diritto della sicurezza sul lavoro“, la rivista online dell’Osservatorio Olympus dell’Università degli Studi di Urbino.

Nel suo articolo “Gli obblighi di sicurezza del lavoratore, nel prisma del principio di autoresponsabilità“, che integra la relazione presentata il 21 gennaio 2022 nel webinar “Responsabilità degli enti e sicurezza sul lavoro“, Chiara Lazzari analizza gli obblighi del lavoratore previsti dall’art. 20 del d.lgs. n. 81/2008, in relazione ai doveri formativi e di vigilanza del datore di lavoro, alla luce della normativa sui modelli di organizzazione e gestione.

L’articolo 20 del decreto 81 e il ruolo di parte attiva del lavoratore

Secondo il contributo, l’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 81/2008 stabilisce l’obbligo generale di cura, secondo il quale ogni lavoratore è tenuto a prendersi cura della propria salute e sicurezza, così come di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, in relazione alle conseguenze delle sue azioni o omissioni, nel rispetto della sua formazione, delle istruzioni e dei mezzi forniti dal datore di lavoro. Inoltre, i vari obblighi presenti nel successivo comma 2 delineano un quadro normativo che va oltre la mera cooperazione creditoria, definendo il lavoratore come soggetto attivo e destinatario della normativa sulla sicurezza, chiamato a partecipare attivamente al corretto funzionamento del sistema aziendale di prevenzione.

Questo emerge chiaramente dall’art. 20, comma 2, lett. e, che impone al lavoratore di segnalare immediatamente le carenze dei mezzi e dei dispositivi, nonché qualsiasi situazione di pericolo di cui venga a conoscenza, agendo direttamente per eliminare o limitare le situazioni pericolose in caso di urgenza. Questa disposizione configura un obbligo più sistematico e autonomo che riguarda il modo in cui il lavoratore si rapporta al sistema di prevenzione aziendale.

È importante riconoscere le novità che, specialmente grazie agli impulsi provenienti dalla normativa comunitaria, attribuiscono al lavoratore – sia a livello individuale che collettivo – il ruolo di attore consapevole e attivo nella costruzione di un ambiente di lavoro sicuro. A conferma di ciò, l’art. 5, par. 3, della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, relativa all’attuazione di misure per promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, afferma esplicitamente che gli obblighi dei lavoratori nel campo della sicurezza e della salute sul lavoro non pregiudicano il principio della responsabilità del datore di lavoro. Questo è sufficiente per evitare il rischio che il ruolo debitore del lavoratore si trasformi in una posizione di garanzia gravante sul datore di lavoro, sui suoi rappresentanti, sui dirigenti e sul preposto, ossia coloro che dispongono dei mezzi e dei poteri per organizzare l’attività e che, proprio per questo motivo, devono assumersi la responsabilità di garantire l’osservanza delle disposizioni e degli obblighi stabiliti dall’art. 20 del d.lgs.

Il principio di autoresponsabilità, la formazione e i modelli organizzativi

Veniamo a quanto indicato in relazione ai modelli organizzativi, alla formazione, alla vigilanza e al principio di autoresponsabilità.

Secondo l’articolo, il modello organizzativo efficace deve essere adottato ed attuato per assicurare l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici, con un’enfasi sulle responsabilità del datore di lavoro. Tuttavia, il ruolo del lavoratore emerge anche in alcune disposizioni, come quelle riguardanti l’informazione e la formazione dei lavoratori e la vigilanza del rispetto delle procedure e istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori.

Si sottolinea l’importanza del corretto adempimento dei doveri datoriali informativi e formativi, che rappresentano una premessa logica rispetto alla valutazione del comportamento richiesto al lavoratore. Pertanto, l’inosservanza dell’obbligo formativo da parte del datore di lavoro assume un ruolo preminente rispetto al contributo colposo del lavoratore, che potrà essere considerato rilevante solo dopo aver verificato il completo adempimento dell’obbligo da parte del datore di lavoro.

Per quanto riguarda la vigilanza, l’adozione del modello organizzativo e di gestione si configura come un approccio procedurale che può contribuire all’adempienza degli obblighi di prevenzione individuali. Il modello organizzativo diventa quindi una modalità strutturata per adempiere a tutti gli obblighi previsti dalla normativa sulla sicurezza sul lavoro. La sua adozione efficace potrebbe influire anche sulle responsabilità individuali, compreso il dovere di vigilanza sul comportamento del lavoratore.

Il contributo richiama inoltre il concetto di “gestione oculata dei luoghi di lavoro” come una responsabilità del datore di lavoro che implica l’adeguata predisposizione delle misure di sicurezza richieste e l’osservanza delle regole di prudenza e diligenza. La normativa evidenzia il principio di autoresponsabilità del lavoratore, passando da un modello incentrato sul datore di lavoro ad un modello collaborativo in cui gli obblighi sono condivisi tra più soggetti.

Infine, l’autrice suggerisce che la gestione oculata dei luoghi di lavoro e il governo del rischio a carico del datore di lavoro richiedono l’adozione ed efficace attuazione del modello organizzativo e di gestione. L’adozione e l’efficace attuazione del modello possono fungere da indicazione pratica nel contesto produttivo e potrebbero influire sulla responsabilità finale del datore di lavoro, alleggerendo anche il suo onere probatorio. Al contrario, l’assenza di adozione del modello potrebbe comportare un ampliamento dell’obbligo di sicurezza per il datore di lavoro, se il modello può essere considerato come una misura suggerita dall’evoluzione tecnica e dall’esperienza nel settore.

La rilevanza dei modelli di organizzazione e di gestione

Veniamo alle conclusioni del contributo.

Si indica, in definitiva, che la rilettura, alla luce della disciplina sui MOG, dell’art. 20 del d.lgs. n. 81/2008 – in connessione con gli obblighi datoriali di formazione e vigilanza – può portare argomenti “a conferma dell’acquisizione, da parte di tali modelli, di una rilevanza sistematica che va ben al di là dell’originario confine segnato dalla responsabilità amministrativa degli enti, con riferimento alla quale sono stati introdotti“.

In buona sostanza, “se la genesi di ogni fattore di rischio va ricercata nel processo organizzativo, come avvertito dalla dottrina più attenta fin dagli anni settanta, quest’ultimo individua al contempo il piano sul quale, in ottica prevenzionale, occorre prioritariamente intervenire, attraverso il ricorso a strumenti, quali i MOG, capaci d’innescare procedure virtuose di programmazione, attuazione, monitoraggio, riesame ed eventuale modifica dei processi organizzativi medesimi“. Il che – si indica in conclusione – non può non riflettersi anche sul profilo del corretto adempimento degli obblighi posti in capo al lavoratore e dei connessi doveri datoriali di controllo sulla loro osservanza.

Fonte: Centro studi SAEF

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