Tax credit locazioni, fondo perduto, credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro, abbuono dell’Irap (saldo 2019 e primo acconto 2020), esenzione Imu per il settore turistico: sono alcune delle principali e più note agevolazioni introdotte per fronteggiare la crisi economica conseguente a quella sanitaria da Covid. Il rischio, però, è quello di approcciarsi a queste agevolazioni senza avere ben chiaro il quadro in cui si inseriscono e i limiti entro i quali è possibile goderne. Tutte queste misure, infatti, prevedono limiti soggettivi all’accesso (soglie dimensionali di ricavi, settore economico di riferimento, ecc…) e hanno carattere selettivo. Ciò obbliga a guardare anche alla normativa Ue sugli aiuti di Stato.
Il 19 marzo 2020 la Commissione europea ha adottato il “Quadro temporaneo per gli aiuti di Stato” (in seguito più volte integrato) che consente in via eccezionale, sino al 31 dicembre 2020, l’adozione di misure di sostegno in deroga alla disciplina ordinaria sugli aiuti di Stato (la Commissione Ue ha già proposto la proroga al 30 giugno 2021). In particolare, la Commissione ha identificato alcune tipologie di aiuti considerati “a priori” compatibili nell’attuale contesto, previa notifica alla Commissione. Ecco, quindi, che molte delle agevolazioni concesse dall’Italia nel periodo emergenziale sono state adottate nell’ambito del Quadro e devono pertanto sottostare ai limiti ed alle condizioni ivi previsti.
I limiti quantitativi.
Tra le misure di aiuto la Commissione ha ad esempio individuato (Sez. 3.1) gli «aiuti sotto forma di sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali», ma in tal caso l’aiuto non può superare l’importo di 800.000 euro per impresa (100.000 euro per il settore agricolo).
È dubbio se il limite debba essere riferito alla singola impresa (soggetto giuridico) oppure all’impresa “unica” secondo la definizione europea in materia di aiuti de minimis (regolamento 1407/2013, per cui occorre tenere conto degli aiuti ottenuti da tutte le imprese, a monte e a valle della catena societaria, legate da un rapporto di controllo all’interno dello stesso Stato membro).
Da un lato, c’è chi sostiene che – nella normativa europea in materia di aiuti – per impresa si intende sempre «impresa unica». Dall’altro lato, c’è da dire che laddove la normativa europea ha voluto riferirsi all’«impresa unica» lo ha fatto espressamente, proprio come nel regolamento de minimis. Un chiarimento su questo punto sarebbe estremamente opportuno.
Le imprese “in difficoltà”.
Sotto un altro profilo, la versione originaria del Quadro temporaneo prevedeva che non fossero ammesse agli aiuti le imprese, di tutte le dimensioni, che si trovavano, alla data del 31 dicembre 2019, in una situazione di «difficoltà» secondo la definizione del regolamento 651/2014. Ciò, perché il Quadro temporaneo ha l’obiettivo di fornire un sostegno ad imprese, comunque capaci di produrre profitti, che si sono trovate in difficoltà finanziarie a causa della pandemia.
Questo limite è tuttavia venuto meno dal 29 giugno 2020 per le micro e piccole imprese (fino a 50 dipendenti e 10 milioni di fatturato), che pertanto possono accedere agli aiuti anche se in difficoltà al 31 dicembre 2019, a condizione che non siano sottoposte a una procedura concorsuale per insolvenza e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio non rimborsati o aiuti per la ristrutturazione, con piano di ristrutturazione ancora in essere.
Le medie e grandi imprese invece continuano a sottostare alla condizione originaria.
Peraltro, il “cambio in corsa” può avere generato delle problematiche applicative: cosa accade se una micro o piccola impresa si è vista rigettare una richiesta di agevolazione perché in “difficoltà” al 31 dicembre 2019, poi è cambiato il Quadro temporaneo ma la procedura nazionale non consente di inoltrare una nuova domanda (come nel caso del contributo a fondo perduto)?
Va segnalato di contro che le misure del Quadro possono essere cumulate tra loro, con alcune eccezioni.
Possono essere inoltre cumulate con gli aiuti previsti dai regolamenti de minimis o dai regolamenti di esenzione per categoria, a condizione che siano rispettate le disposizioni relative al cumulo previste in tali regolamenti.
(Fonte: Il Sole 24 ore)