I 10,7 miliardi di fondi strutturali europei destinati all’Italia dal programma React-EU per il biennio 2021-2022 verranno concentrati su pochissimi interventi nazionali che riguarderanno le imprese, l’occupazione, l’istruzione e la ricerca. È questo l’orientamento, sia pure non ancora consolidato, che sta emergendo nel confronto tra Governo, Commissione europea e regioni. L’obiettivo è non polverizzare le risorse nei 51 programmi operativi del periodo 2014-2020.
Fondo centrale di garanzia, fiscalità di vantaggio per le imprese, cassa integrazione, istruzione e ricerca dovrebbero essere i capitoli su cui si concentrerà la spesa di questo pacchetto di fondi strutturali che si aggiunge alla dote di oltre 43 miliardi di euro prevista per il 2021-2027.
Il Fondo centrale di garanzia si è dimostrato nei mesi di emergenza Covid uno strumento molto efficace per sostenere il capitale circolante delle imprese, veicolando circa un paio di miliardi di euro dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) verso le imprese. La soluzione è vista con favore dalle autorità europee, che esprimono invece qualche perplessità sull’ipotesi di utilizzare React per finanziare gli sgravi contributivi. A Bruxelles si fa notare che il costo della misura assorbirebbe quasi il 70% dei fondi React.
Le altre due voci, probabilmente meno consistenti, a cui sono destinate le risorse di React, riguardano l’istruzione, per rafforzare la capacità di gestire la didattica a distanza (reti, device ma anche formazione) e la ricerca.
La partita, comunque, è ancora aperta e nessuna comunicazione ufficiale è ancora giunta a Bruxelles.
Ad accelerare la spesa nei mesi scorsi ha contribuito anche il cosiddetto “accordo Provenzano” per la riprogrammazione che tutte le regioni hanno effettuato dopo l’estate (le ultime ad essere autorizzate sono state Calabria, Liguria ed Emilia-Romagna). Si è trattato di un lavoro complesso che ha permesso di dirottare 4,7 miliardi di euro sull’emergenza Covid.
Sul tavolo delle politiche regionali non ci sono solo React-Eu e la riprogrammazione delle risorse residue della programmazione 2014-2020. C’è il capitolo ancora più importante della ripartizione degli oltre 43 miliardi assegnati all’Italia per i prossimi sette anni, quasi il 20% in più rispetto ai sette anni passati. Alle regioni più sviluppate (cioè del Nord) sono destinati 9,5 miliardi (+25,7% rispetto al 2014-2020), a quelle in transizione 1,5 miliardi (+20,5%) e a quelle meno sviluppate (Mezzogiorno) 30 miliardi (+18%). Questa ripartizione, presentata nei giorni scorsi alle regioni, è contestata dalle regioni del Sud: il confronto, infatti, sarebbe falsato dal fatto che al gruppo di regioni meno sviluppate si sono aggiunte Sardegna e Molise mentre da quelle più sviluppate sono uscite Marche e Umbria. Di fatto, su base pro-capite il Nord sembra essere privilegiato, ma probabilmente è anche un modo per riequilibrare l’aiuto concesso al Sud con la fiscalità di vantaggio.
(Fonte: Il Sole 24 Ore)